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NON E’ SOLO QUESTIONE DI HASHTAG…

di Mario Stefano Schirò

Negli ultimi tempi, fra tifosi Milanisti, impazza la moda dell’hashtag #iostoconseedorf, che risuona in continuazione su tutti i social network possibili ed immaginabili.
Ovviamente, in un momento storico di grave crisi per i colori Rossoneri, i pareri impazzano, le opinioni si sprecano e le possibili soluzioni vengono cercate e (a parole) trovate un po’ da tutti. Mai come oggi il popolo Rossonero è spaccato, diviso, composto da frange che hanno idee diametralmente opposte l’una dall’altra. Per quel che contano le opinioni personali, proverò in questa sede a esporre il mio pensiero, che si allinea a questa nuova “crociata” del tifo Milanista, ma che cerca al contempo di spiegare perché questa “moda” sia effettivamente nata.
Clarence Seedorf, nel corso della sua lunga vita Rossonera da calciatore, ha sempre dimostrato, in ogni momento, quelle che erano (e che sono tutt’ora) le sue caratteristiche: personalità fuori dal comune, carisma innato e una dose piuttosto importante di sana presunzione che, anche nelle giornate in cui era tutt’altro che il migliore in campo, non gli impediva certo di cercare la giocata difficile e decisiva. Spesso il pubblico Rossonero lo ha beccato, fischiato, insultato. L’ex numero 10, però, era in campo un personaggio assolutamente umorale: ben poco gli importava di quel che dicessero o pensassero i tifosi e, a volte, anche lo stesso allenatore. Lui era Clarence Seedorf e basta.
Questa doverosa premessa era semplicemente per dire che, all’indomani della sconfitta contro il Sassuolo che ha comportato la fine della drammatica gestione Allegri, la società tutta, dal Presidente ai due amministratori delegati, sapevano perfettamente chi fosse il signor Clarence Seedorf. Tutto questo non solo a causa delle scarpe con i tacchetti che l’olandese aveva ancora ai piedi, ma soprattutto perché un uomo del genere, con una personalità e un carisma simile, non lo si può né cambiare, né modellare a proprio gusto e piacimento. Né ora, né mai.
Le scelte, in linea di principio, dovrebbero sempre essere logiche, ponderate, pesate in ogni minimo aspetto. Il contratto che l’ex numero 10 Rossonero ha sottoscritto sembrava essere (dopo tempi di attese, voci, smentite, indiscrezioni e malumori veri e presunti) finalmente un segnale forte, deciso ed importante: questo signore, qualunque cosa accada, sarà l’allenatore del Milan per i prossimi sei mesi e per gli anni a venire (2 per l’esattezza).
Rispetto al predecessore, tecnicamente uno dei peggiori tecnici della storia Rossonera, Clarence è tutta un’altra storia: ha in testa un’autentica rivoluzione, che deve partire dalla testa ancor prima che dalla tattica e dagli schemi di gioco. Molti giocatori della rosa attuale, rispetto al Milan in cui ha giocato e trionfato lui, non hanno quel tipo di mentalità e quell’approccio che è necessario per dar vita ad un nuovo ciclo vincente. Quindi, per compiere questo passo, ciò che serve è una sola cosa: tempo. La stagione in corso e i risultati che possono arrivare devono, in considerazione di questo, passare in secondo piano, perché quello che si deve compiere è un processo molto complesso di metamorfosi che dovrà essere aiutato (e in modo consistente) nella sessione di mercato estiva. A detta dello stesso Clarence, infatti, “la società ha la stessa voglia che ho io di riportare il Milan dove merita”.
Fino a qui tutto sembra scorrere liscio, la società sembra essere a pieno supporto dell’allenatore, proprio come è accaduto con Allegri che è stato difeso ad oltranza, fino ai limiti dell’inverosimile. I problemi, però, sono dietro l’angolo e si manifestano nell’arco di pochi giorni, che segnano in modo definitivo il destino del Milan attuale e, come sembra, di quello futuro: prendiamo 4 scoppole dall’Atletico Madrid, usciamo dalla Champions e, pochi giorni dopo, è il Parma che, in un clima di rabbia e (comprensibilissima) contestazione, ci riserva lo stesso trattamento. Da lì cambia tutto.
Tutto d’un tratto, abbiamo scoperto che la società voleva qualificarsi ai Quarti di Champions (per fare cosa, poi, non è dato sapersi); abbiamo scoperto che la stagione in corso, per ragioni di marketing e di brand (e te pareva…), è d’improvviso diventata importante e restare fuori dall’Europa minore (quella che tutti rifiutano) è un dramma senza precedenti; abbiamo scoperto, quindi, che d’improvviso la fiducia nell’allenatore non c’è più e che, pur vincendo tutte le gare che restano da qui alla fine della stagione, l’esonero sarà inevitabile. La domanda che nasce è la seguente: ma, a prescindere da tutto, state bene???
La domanda non vuole essere pretenziosa né tantomeno ironica, ma raffigura pienamente quello che molti tifosi Rossoneri si stanno già domandando da tempo (conoscendo anche la conseguente risposta).

In tutta onestà, come si può chiedere ad un allenatore di trasformare dei giocatori mediocri (fatta eccezione per qualche elemento) in fenomeni capaci di trovarsi solo con uno sguardo? Come gli si può chiedere di addrizzare una stagione che ci ha “regalato”, oltre a prestazioni indecenti e ai limiti della sopportazione, 22 punti in un girone intero? Come lo si può biasimare se, a quanto sembra, ¾ di questa rosa li cambierebbe all’istante (e non è l’unico)? Credevano forse che le squadre davanti potessero fermarsi ad aspettarci invece di correre inesorabili? Credevano che, visto il “dna” europeo del Milan, le altre squadre non avessero diritto ad andare in Champions al posto nostro?

Le domande qui sopra sembrano anche stupide, spesso retoriche, ma in realtà credo che molti Milanisti vorrebbero rivolgerle personalmente a tutti i componenti della società.

Il nodo cruciale, vi dirò di più, non è neanche Seedorf in quanto tale. Il problema fondamentale e che più brucia è che ci siamo sempre lamentati, più o meno tutti, da diversi anni a questa parte, di quale fosse il progetto e se mai uno ce ne fosse. Non appena si vedono gli spiragli, si rivede la luce in fondo al tunnel e non appena sembra davvero essercene uno all’orizzonte, la luce torna ad essere un buio profondissimo, silenzioso e avvolto dal mistero. La realtà che è ben evidente a tutti, senza peli sulla lingua, nuda e cruda, è la seguente: il signor Seedorf ha delle idee incontrovertibili e vuole stravolgere il Milan attuale che, a mio avviso, merita di essere stravolto a tutti i livelli. Tuttavia, c’è un potere molto più forte, che è quello del Dio denaro: i soldi per fare ciò che ci vorrebbe non ci sono nemmeno se ci mettiamo davanti alle chiese ogni giorno a mendicare. Di conseguenza, sapendo che se ti presenti da Seedorf con il Birsa di turno lui ti risponderà: “Bir…chi???”, meglio puntare su un allenatore stile Allegri, un aziendalista, uno che tace e che accetta tutto e tutti, senza proferire parola e senza contestare minimamente l’operato della società. D’altronde, essendo la “societàchehavintodipiùnegliultimi28anniequellaabituatapiùdituttiafarelachampionsben12voltenegliultimi13anni” siamo anche una società che non sbaglia mai. Perfetta, impeccabile, bionda e con gli occhi azzurri sempre e comunque. E guai a chi fa i complimenti ad altre realtà, perché un semplice “complimenti alla Roma per come è stata costruita” altro non è se non l’occasione per ribadire che, però, loro non fanno la Champions da anni. Cosa c’entra vi chiedete? Mistero della fede.

Chiudiamo questo lungo discorso cercando di serrare un po’ le fila di quanto detto fino ad ora: qui nessuno chiede Cristiano Ronaldo, nessuno chiede Bale, Robben, Ribery o Iniesta. L’unica cosa che vogliamo è che si ragioni con la testa, che si facciano le cose per bene. Perchè il Milanista sa aspettare, sa avere pazienza, sa coccolare i suoi calciatori come nessun altro al mondo. Quello che però non sa fare e non gli si può più chiedere, è accettare una mediocrità che non è frutto di scelte sbagliate, che possono anche far parte del calcio, ma di mancanza di scelte. Non si guarda più da tempo a chi arriva o a chi va, l’importante è che il numero dei calciatori sia sufficiente ad ogni incombenza e che quelli che ci sono, soprattutto, siano gestiti dai soliti “amici” procuratori e presidenti che girano intorno al Milan. Ecco perché lo stadio è vuoto e perché i Tifosi inneggiano solo “alla maglia”. Chi può e chi deve è pregato di aprire gli occhi, grazie!